L’agricoltura che alimenta gli animali da macello

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Ripartiamo a postare, dopo circa un anno di silenzio e pausa, articoli e rubriche interessanti tratti dalla rete. Il progetto degli orti in via Marzolo ormai sono falliti da più di un anno causa sgombero forzato nell’agosto 2012 delle nostre piante e dei nostri attrezzi, con chiusura del giardino e dell’aula studio Pollaio adiacente. Continueremo comunque  a scrivere articoli e informazioni e per chiunque fosse interessato a scriverci questa è la nostra mailinglist tutt’ora comunque sempre attiva:

orti@inventati.org

Replico qui un articolo trovato su http://www.greenme.it, una testata online di informazione su tematiche ambientali ed ecologiche. Tema principale riguarda il non ovvio fatto che enormi quantità di calorie di produzione agricola vengono destinate per il consumo animale. Se tali risorse fossero utilizzate per produrre cibi e alimenti per umani le risorse alimentari disponibili potrebbero sfamare milioni di persone in più. Leggete qua:

carne alimentazione

Carne bovina: uno spreco di calorie. Se gli Stati Uniti azzerassero l’allevamento dei bovini e ilconsumo di carne, essi sarebbero in grado di nutrire tre volte tanto il numero di persone che riescono a sfamare oggi. Che il consumo di carne non sia un grande affare per la salute umana e quella del pianeta, lo si sapeva da tempo. Ma un nuovo studio condotto dalla University of Minnesota ha messo in luce che mangiare la carne comporta un enorme spreco di risorse.

Ma non solo. La ricerca ha messo nero su bianco il fatto che le calorie assunte da una persona che si nutre di carne bovina rappresentano appena il 10 per cento di quelle acquisite dall’animale dai prodotti agricoli. In questo passaggio dunque si disperde il 41 per cento delle calorie.

I ricercatori hanno ipotizzato che gli esseri umani hanno bisogno in media di 2.700 calorie al giorno. Stando a queste cifre, è emerso che solo il 12 per cento delle calorie vegetali utilizzate per l’alimentazione animale si trasforma nelle calorie consumate dagli esseri umani. Allo stesso modo, solo il 55 per cento delle calorie delle colture in tutto il mondo alimentano direttamente le persone. Considerando solo gli Stati Uniti, l’agricoltura potrebbe sfamare un ulteriore miliardo di persone,spostando le calorie delle colture per il consumo umano diretto.

Le terre coltivate di tutto il mondo, da sole, potrebbero sfamare 4 miliardi di persone in più quanto non facciano ora. Basterebbe solo sostituire alla produzione di mangimi e biocarburanti per gli animali, esclusivamente quella destinata al consumo umano. Anche un piccolo, parziale spostamento delle colture intensive destinate al bestiame come il foraggio potrebbe aumentare l’efficienza agricola e fornire cibo per milioni di persone.

Il team di ricerca ha esaminato l’allocazione delle calorie in quattro paesi chiave, India, Cina, Brasile e Stati Uniti, scoprendo che mentre l’India destina il 90 per cento delle calorie all’alimentazione umana, gli altri tre ne destinano rispettivamente il 58, il 45 e il 27 per cento.

Lo studio non ha considerato solo le calorie ma anche le proteine, ottenendo risultati simili. Ad esempio, di tutte le proteine vegetali prodotte, solo il 49 per cento fa parte delle diete umane.

Cambiare abitudini cosa comporterebbe? Secondo i ricercatori, ad oggi un completo cambiamento delle diete a livello globale che elimini del tutto la carne non è fattibile, ma anche unparziale cambiamento potrebbe apportare dei benefici non da poco. Evitando i bovini e preferendo pollo e maiale, si potrebbero alimentare altre 357 milioni di persone, e il passaggio ad una alimentazione priva di carne ma con uova e latte potrebbe sostenere altre 815 milioni di persone.

L’uomo potrebbe dunque completamente soddisfare il fabbisogno proteico con diete a base vegetale, ma modificando in parte i sistemi di coltura ad esempio con una maggiore produzione di legumi ricchi di proteine.

Abbiamo in sostanza scoperto una sorprendente abbondanza di cibo per un mondo affamato, nascosto in bella vista nei terreni agricoli che già coltiviamo“, ha detto Emily Cassidy, autore principale del documento. “A seconda della misura in cui gli agricoltori e i consumatori sono disposti a cambiare le pratiche attuali, le coltivazioni esistenti potrebbero sfamare milioni o addirittura miliardi di persone.”

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Iop Science Environmental Research Letters.

Francesca Mancuso

Fonte: http://www.greenme.it/mangiare/vegetariano-a-vegano/11059-carne-bovina-spreco-calorie

I 15 usi alternativi del dentifricio

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dentifricio

Solitamente utilizziamo il dentifricio per far splendere i nostri denti e mantenerli sani, ma questo prodotto è molto più versatile di quanto si possa immaginare. Anche perché cominciano a diffondersi posizioni che ne mettono in discussione la sua utilità sul fronte dell’igiene orale. Ma se nel bicchiere del vostro lavandino continua a troneggiare quel tubetto bianco che ormai viene proposto in ogni formato e composizione, ecco come potreste impiegarlo al di là della mera pulizia dei denti.

  • 1) Allevia l’irritazione provocata dalle punture di insetto. Le punture di insetto spesso danno prurito, ma basta applicare una minima quantità didentifricio sulla parte interessata per calmare il prurito e ridurre il gonfiore. Se applicato su piccole ferite o bolle, invece, il dentifricio tende ad asciugarle permettendo così alla piaga di rimarginarsi più velocemente.
  • 2) Riesce a lenire il dolore dovuto ad una bruciatura. Per le ustioni lievi, cioè quelle che non comportano una ferita aperta, basta applicare un velo didentifricio per avere subito sollievo.
  • 3) Asciuga i brufoli. Vi è spuntato un antiestetico brufolo in faccia e volete eliminarlo in poco tempo? Applicate una punta di dentifricio solo sul foruncolola sera prima di andare a dormire. Il mattino dopo lavatelo e vedrete che sarà completamente asciugato.
  • 4) Pulisce le unghie. Per avere unghie pulite, lucide e forti mettete un po’ di dentifricio su un vecchio spazzolino da denti e iniziate a spazzolare delicatamente le vostre unghie. Se usate un dentifricio sbiancante contenente perossido potrete finalmente rimuovere il colorito giallognolo che si crea  dopo un ampio uso dello smalto. Vedrete che risultato!
  • 5) Tiene i capelli in ordine. Avete finito il vostro gel per capelli e non sapete come domare la chioma ribelle? Sappiate che i dentifrici in gel contengono gli stessi polimeri solubili in acqua dei gel per capelli quindi, come soluzione estrema, provate a scolpire i vostri ciuffi col dentifricio.
  • 6) Elimina gli odori persistentiAgliocipollapesce possono lasciare sulle nostri mani un odore persistente anche dopo molti lavaggi col sapone. Distribuite su palmi e dita una bella dose di dentifricio e lasciate agire per qualche minuto, dopo eliminate tutto sciacquando con acqua tiepida: il cattivo odore sarà completamente sparito dalle vostre mani
  • 7) Rimuove le macchie. Il dentifricio ha veramente mille risorse! Può persino far sparire le macchie difficili dai vostri capi (come ad esempio quelle di vino) o dai tappeti. Sui vestiti, applicate la pasta dentifricia direttamente sulla macchia e strofinate energicamente, quindi lavate il capo come di consueto. Un consiglio: fate attenzione ai dentifrici sbiancantiperché possono avere un effetto candeggiante sui tessuti! Su tappetimoquette, invece, applicate il dentifricio sulla macchia da trattare e spazzolate, dopo sciacquate immediatamente con acqua.
  • 8) Fa tornare come nuove le scarpe da ginnastica. Avete un paio di scarpe da ginnastica vecchie, sporche e magari anche un po’ graffiate? Applicate una piccola quantità di dentifricio, strofinate bene con una spazzola e poi asciugate con un tovagliolo di carta per eliminare i residui. Le vostre scarpe saranno come nuove!
  •  9) Elimina le macchie sui muri. Vostro figlio si è divertito a colorare una parete di casa con i pennarelli? Può capitare…Allora mettete il dentifricio sulla parete e strofinate con un panno umido: i disegni del vostro bambino spariranno come per magia!
  • 10) Fa splendere l’argenteria. Applicate del dentifricio sui vostri pezzi d’argenteria o sui vostri gioielli e lasciatelo agire per tutta la notte. Il mattino dopo pulite tutto con un panno umido. Il vostro argento sarà lucido e brillante! Per far splendere i diamanti, invece, fate uno scrub delicato strofinando il dentifricio con uno spazzolino da denti e un po’ d’acqua e poi lavate accuratamente per eliminare ogni traccia. Attenzione! Non utilizzate il dentifricio sulle perle!
  • 11) Rimuove i graffi su CD e DVD. Questo rimedio è utile sui graffi superficiali e sulle macchie presenti sui CD o i DVD. Basta applicare uno strato sottilissimo di dentifricio e strofinare delicatamente. Per rimuovere tutti i residui, poi, passate sulla superficie del disco un panno umido.
  • 12) Tappa i buchi nei muri. Avete tolto un quadro dal muro e dopo aver estratto il chiodo vi è rimasto un brutto buco nella parete bianca e non avete lostucco. Che fare? Non c’è problema! Usate della pasta dentifricia bianca.
  • 13) Pulisce a fondo i biberon dei bambini. Per rimuovere ogni residuo dal biberon e soprattutto per eliminare quel caratteristico odore di latte che rimane all’interno, fate una pulizia con del dentifricio con i microgranuli aiutandovi con uno scovolino per bottiglie. Ricordatevi di sciacquare più volte il biberonprima di riutilizzarlo.
  • 14) Toglie la crosticina bruciata dal ferro da stiro. Può capitare che, col tempo, la piastra del ferro da stiro sviluppi una crosticina bruciata. Per eliminarla, utilizzate del dentifricio:contiene silice che macina via ogni residuo di ruggine.
  • 15) Evita l’appannamento delle lenti. I subacquei o i nuotatori forse conosceranno questo piccolo trucco. E’ sufficiente strofinare una piccola quantità didentifricio sulle lenti delle maschere da sub o gli occhialini e poi sciacquare per evitare l’appannamento. Un consiglio: strofinate delicatamente perché nel dentifricio sono contenuti ingredienti leggermente abrasivi che potrebbero graffiare le lenti.

Un ultimo suggerimento: quando scegliete il dentifricio controllate sempre la composizione e se questo è testato sugli animali.

Chiara Fornaro

fonte:    http://www.greenme.it/consumare/riciclo-e-riuso/4004-i-15-usi-alternativi-del-dentifricio

Non tutte le patate riescono col buco – (guida semiseria all’acquisto)

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E per fortuna potrebbe dire chi le produce. Perché nessuno vuole comprare patate bucate dal “gramon”, nome in friulano per il convolvolo ,  la cui radice, se andiamo a fondo è pure curativa.

Chi ama la terra sa che se c’è l’erba c’è fertilità, ma soprattutto che non sono stati usati diserbanti e/o concimi chimici.
Ma torniamo alle patate. Personalmente preferisco quelle di taglia piccola  perché impiegano meno tempo a cucinare (chiaramente scegliendo cotture in cui non è prevista la sbucciatura), si conservano meglio e sono più saporite, poichè concentrate in un minuscolo spazio vitale.
Quindi: le novelle sono qualità precoci , a pasta bianca,  reperibili da luglio ad agosto e  sono felici di essere fritte, quindi bene se sono grandi, ma tendono  a fare il germoglio, perciò bisogna aver cura di conservarle al fresco e al buio (non nel frigo, e non sotto il lavello , ma piuttosto dentro una scatola di cartone con i buchi)
Le patate normali, quelle da purè o gnocchi, sono di buccia bianca o rossa e di pasta gialla, reperibili da agosto a settembre, si conservano tutto l’inverno ma temono il freddo, la luce e l’umidità.
Dopodichè, a meno che non vengano importate da un altro continente, scordiamoci le patate del contadino fuori stagione e attenzione:
NON SI MANGIANO QUELLE VERDI:   e non perché la clorofilla sia tossica, ma  perché, se sono state esposte alla luce e quindi malconservate, sono ricche di solanina che potrebbe provocare mal di testa da intossicazione  o con dosi elevate problemi neurologici .
COM’E’ ANDATA NEL NOSTRO ORTO:  a causa dell’estate secca e arida, la produzione è stata bassa, ma di ottima qualità, perfino le temute dorifore sono schiattate dal caldo senza che le dovessimo schiacciare ad una ad una come gli altri anni.
Oggi abbiamo raccolto le ultime patate rosse,  quelle viola (che non sono geneticamente modificate, ma antichissime e  pregiate dal sapor di castagna) e le cornette da semente.
Ma questa …. è un’altra storia.

 

IL CIBO NON E’ MERCE

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IL CIBO NON E’ MERCE
Noi del COLLETTIVO ORTI, in sintonia con una linea sensibile agli spazi verdi e all’autoproduzione di ortaggi, intendiamo affrontare il
tema del cibo (in particolare dei prodotti coltivati) in funzione del risparmio e della qualità. Potrebbe sembrare uno slogan da ipermercato, ma sia chiaro che il nostro messaggio è in direzione opposta: secondo noi il cibo non è merce, quindi non lo si produce cercando la massima resa per ettaro grazie all’uso di fertilizzanti e diserbanti chimici o sementi OGM che nuociono alla nostra salute.Le logiche di mercato impongono due tipologie di cibo: sano e costosissimo, oppure meno caro ma insano.
Anche quello al risparmio presenta comunque un rincaro dal produttore a noi consumatori anche
del 200%: una speculazione che è la causa del nostro pagare caro qualcosa di basilare come il cibo.
Il detto “siamo ciò che mangiamo” ci porterebbe distante nei ragionamenti, ma sta di fatto che se ci si nutre di prodotti contaminati quello che siamo si tradurrà in “aspettative di vita”!
E’ ormai risaputo che nutrirsi di prodotti
vegetali sani aiuti a prevenire molte patologie anche in relazione all’invecchiamento. Spesso però siamo costretti ad imbatterci nella quadratura dei conti di
fine mese di pensioni da fame e stipendi senza potere di acquisto (quando ci sono). Senza dubbio le uscite per il vitto
incidono pesantemente sul bilancio famigliare, principalmente per il fatto che sul cibo che il consumatore acquista oltre al prezzo di produzione del contadino
vi è un’aggiunta di costi causati dal trasporto, dal confezionamento e dalla distribuzione cosicchè il cibo che arriva sulle nostre tavole lo
paghiamo sempre maggiorato rispetto a quanto spenderemmo se fosse direttamente il contadino a venderlo.
Il primo approccio a questa questione si intendeva darlo organizzando dei GRUPPI di ACQUISTO POPOLARE. Questa formula si traduce, nel lato pratico,
in un’autorganizzazione per reperire i prodotti agricoli che siano il più possibile vicini alla fonte di produzione.
Questo per abbattere i costi di intermediazione e per cercare la tracciabilità dei prodotti con un
immediato ed indubbio guadagno di qualità unito al risparmio.L’iniziativa pensata autonomamente dal collettivo degli orti di via
Marzolo (attualmente blindati e inaccessibili causa blindatura da parte dell’università) e diffusa in altre parti della città, ha trovato una
sinergia di progetto con gli abitanti del quartiere Caduti della resistenza,che vivono gli stessi disagi.
Loro stanno anche impegnandosi per salvare dalla cementificazione, ai
fini della costruzione di un parcheggio, lo storico campo da calcio di via Dottesio. Si partirà perciò
con dei gruppi di acquisto comuni con punti di distribuzione distinti nei due storici quartieri Padovani.
Quello che ci interesserebbe è anche che l’iniziativa non diventi un mero scambio commerciale (dal momento che i promotori lo fanno a
livello di volontariato, coprendo solo le spese di trasporto) ma anzi un momento di conoscenza ed incontro fra i residenti del quartiere, per
stare in conpagnia e per sviluppare un’autogestione diffusa dei gruppi di acquisto attraverso il coinvolgimento di tutti .Nel corso della
distribuzione verranno raccolte delle firme per darepeso alla volontà di restituire al quartiere il parco Fusinato di Via Marzolo.

Collettivo degli orti di Via Marzolo

Kokopelli, la sentenza sulle sementi libere

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“Sementi libere!”, incompetenza o manipolazione?

Alcune riflessioni sulla sentenza Kokopelli pubblicata da Centro Internazionale Crocevia il giorno Mercoledì 19 settembre 2012 alle ore 17.00
Siamo da giorni bombardati da articoli e dichiarazioni di difensori dei “diritti dei contadini” sulle sementi. Inutile commentarli uno per uno poiché quasi tutti questi articoli, in maniera assolutamente superficiale, inesatta e a volte completamente falsificata, riprendono comunicati stampa senza andare nel dettaglio né delle direttive comunitarie in materia di sementi, né della sentenza della corte di giustizia (C-59/11 del 12/07/2012). Peggio, non tengono conto di quanto almeno dai lontani anni ’80 il movimento contadino per la difesa dell’agrobiodiversità sta facendo.

Ad esempio, scrive Italo Romano (www.ecplanet.com/node/3532 – 14 settembre 2012): “/Fin dal 1998 è in vigore una direttiva comunitaria che riserva la commercializzazione e lo scambio di sementi alle ditte sementiere (Monsanto e altre multinazionali) vietandolo agli agricoltori”/. Suona forte e radicale ma è un’affermazione essenzialmente falsa. *La direttiva europea 98/95 non** riserva lo scambio delle sementi alle ditte sementiere, bensì* *regola la commercializzazione delle sole varietà “industriali”*, che sono coperte da un diritto di proprietà intellettuale ed iscritte al catalogo varietale. La direttiva autorizza invece a stabilire condizioni specifiche per varietà da conservazione o non inscritte al catalogo (così come fatto in seguito dalle leggi sementiere italiane) per la commercializzazione delle sementi e per la conservazione della biodiversità /in situ/, comprese le miscele di specie o le specie adattate all’agricoltura biologica. I contenuti della 98/95 sono stati meglio precisati a distanza di dieci anni da altre due direttive europee, *la 2008/62 e la 2009/145*, le quali pongono i *termini per la registrazione delle varietà di “*/*conservazione*/*”* (riservato a specie agricole, patate e verdure) *e di quelle */*”create per rispondere (a particolari) condizioni di coltivazione*/*”* (riservato per gli ortaggi). Queste direttive comunque non modificano il campo di applicazione della normativa comunitaria relativa alla natura e alla gestione del catalogo varietale. Pertanto *non esiste **nessun obbligo di iscrizione al catalogo* *per* *le varietà dette “*/*da conservazione*/*” e per l’uso di sementi ad esclusivo uso non commerciale*, come quelle utilizzate per la conservazione della biodiversità nei campi, le sementi contadine o per il giardinaggio (“agricoltura hobbistica” perché queste vengono subito messe a dimora nei campi o nei balconi).* Per esempio, il conta**dino può vendere i propri semi al commerciante di sementi oppure al suo vicino che le pianta nel proprio campo: *nel primo caso si tratta di un uso commerciale e la varietà dovrà essere iscritta nel catalogo, mentre nel secondo non c’è alcun tipo di obbligo a cui sottostare. Vale la pena di ripeterlo, *l’attuale quadro giuridico comunitario *(una riforma è prevista nel prossimo anno) *si **applica alla produzione di sementi per la commercializzazione* e detta norme relative alla circolazione “/per lo sfruttamento commercial/e” delle sementi stesse. Queste due direttive, per la loro natura fluide, hanno consentito a quanti da 20 anni seminano e riseminano nei loro campi varietà non commerciali che regolarmente scambiano con altri agricoltori di rimettere in coltivazione per migliaia di ettari le vecchie varietà. I contadini stessi hanno avviato una *gestione dinamica dell’agrobiodiversità*, grazie a sistemi di grandi dimensioni anche settoriali basati sulle *reti di sementi contadine*, come il caso delle varietà di grano tradizionali non iscritte a nessun catalogo (www.semencespaysannes.org ). Hanno rimesso in moto la *capacità di creazione varietale* *da parte degli agricoltori stessi*, nei campi e non nei laboratori, anche in collaborazione con ricercatori attenti ai processi di erosione genetica, propria della creazione varietale dell’industria sementiera. Una parte molto importante della produzione bio si sostiene proprio grazie alle sementi contadine. Questo processo collettivo ha prodotto un rinnovamento ed un* forte allargamento delle conoscenze contadine nella gestione delle sementi in azienda, aumentandone la “sovranità” e l’autonomia rispetto all’industria sementiera,* e, più in generale, rispetto al modello agricolo dominante. La credibilità dei risultati ottenuti si è rafforzata anche da un punto di vista scientifico (cfr. Tesi di dottorato sul processo di creazione varietale partecipativo del Dott. Calogero di Gloria, 2011) e ciò ha permesso un’efficace strategia legale a* *difesa delle sementi contadine nei campi. Certo quelle direttive hanno elementi non condivisibili e *spesso la normativa nazionale è molto diversa da paese a paese, a seconda del peso politico dell’industria sementiera*. La legislazione francese, ad esempio, ha continuato ad applicare in modo riduttivo o a eludere totalmente le normative comunitarie sui semi, tentando di imporre l’iscrizione obbligatoria delle varietà contadine nel catalogo delle varietà industriali; la posizione del governo francese è stata abbondantemente utilizzata per attaccare *Kokopelli*, un’associazione che da anni* *commercia sementi di varietà tradizionali provenienti da tutto il mondo. Veniamo a cosa c’è scritto nella famosa *sentenza della corte di giustizia dell’Unione europea del 12 Luglio *2012. *Secondo **Guy Kastler*, uno dei fondatori della *Réseau Semences Paysannes*, la rete sementi contadine francese, leader della* Confédération Paysanne* e de* La Via Campesina* e partecipante ai lavori dei comitati tecnici europei: “/Nella sua sentenza, *la Corte di giustizia non si è impegnata nel merito*, ma semplicemente ha risposto ricordando la forma: – la legislazione europea vigente è coerente con le priorità che le sono state assegnate;/ / – si è aperto nel 2008 un nuovo quadro di riferimento per tener conto delle nuove esigenze della società (varietà da conservare) e ha già previsto che questo nuovo quadro sarà presto adattato sulla base di una valutazione della sua attuazione […] Per quanto riguarda l’accusa contro Kokopelli, questa sentenza […] non offre nessuna spiegazione sull’interpretazione della legislazione vigente in Francia (le attività di commercializzazione ricadono sotto la disciplina del catalogo varietà amatoriali o sotto quelle delle varietà industriali?)”. /Per quello che riguarda la questione dei regolamenti comunitari in vigore, /”…//*questa sentenza non cambia niente, non fa che richiamarne i contenuti e *//*non si esprime in nessun modo sui limiti del loro campo d’applicazione.*/*”* Per questo *dobbiamo avere un’idea chiara di chi sta seminando l**a confusione* attraverso azioni di comunicazione che — senza andare nei contenuti effettivi delle decisioni prese e delle questione proprie alle sementi contadine — si allinea sulle parole d’ordine dell’industria sementiere che, dietro lo slogan delle “sementi libere”, vuole ridimensionare i “diritti degli agricoltori” sulle sementi. *Le sementi non appartengono all’umanità, né alle industrie, ma agli agricoltori*, quindi non possono circolare liberamente senza che questi abbiano prima ottenuto la necessaria protezione dei diritti — tutti di natura collettiva — che detengono su queste “risorse”. E’ impensabile che si possa difendere e sostenere la gestione dinamica dell’agrobiodiversità o più semplicemente proteggere le varietà tradizionali senza un *quadro normativo, che deve essere definito prima di tutto dai contadini che producono ed utilizzano le sementi*. Tale quadro deve proteggere esplicitamente diritti come quello di scambiare o vendere sementi “per un loro uso non commerciale” ad altri contadini. *Solo così potremo avere una produzione di prodotti di qualità o biologici che non siano di nicchia* ma rivolti ad un consumo popolare ampio. Noi immaginiamo milioni di ettari di terra seminati di varietà tradizionali o create dai contadini stessi. La beffa peggiore delle campagne di comunicazione in corso per le “sementi libere” è che i commercianti di semi pretendono di avere le mani libere in nome dei diritti degli agricoltori e, alla fine, si rischia di cancellare i diritti degli agricoltori per mettere un freno al libero mercato. Guy *Kastler* lo dice con chiarezza “… /l*e informazione incomplete fornite rafforzano la propaganda dell’industria sementiera* e dei suoi sostenitori nell’amministrazione pubblica, allo scopo di non riconoscere l’esistenza dei diritti degli agricoltori al di fuori fuori dell’obbligo di iscrizione al catalogo (delle sementi industriali/)”. *I diritti degli agricoltori vanno praticati e devono trovare un quadro giuridico e delle politiche pubbliche che li sostengano. *Questo richiede iniziative continue di mobilitazione collettiva. Se al contrario ci rinunciamo alcuni, pochi, avranno la possibilità di agire “clandestinamente”, ma la gran massa delle aziende contadine finirà per dover accettare di comprare le sementi, e poco importa se a venderle sarà una gentile impresa di commercializzazione di sementi, come Kokopelli o una cattivissima multinazionale. */ Antonio Onorati, CROCEVIA/*

Petrolio addio! Nelle Marche la prima casa off-grid autonoma e scollegata dalle reti

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casa off-grid

E’ stata inaugurata la prima casa off grid d’Italia che ha definitivamente detto addio al petrolio perché  autosufficiente e staccata da luce e gas. È stata realizzata a Monsano, in provincia di Ancona, ed è la prima casa italiana completamente indipendente da fonti fossili inquinanti, scollegata dalla rete elettrica nazionale e dalla tradizionale fornitura di gas.

A far diventare realtà ciò che fino a poco tempo sembrava impossibile è stata la Energy Resources, un’azienda marchigiana particolarmente attenta al problema dell’impatto ambientale e al risparmio energetico, capitanata dal lungimirante Enrico Cappanera.

Grazie alle tecnologie green sviluppate negli ultimi anni, l’azienda è riuscita a mettere a punto un progetto rivoluzionario: realizzare abitazioni che non siano più dipendenti dal petrolio!

“Ha ragione Moody’s – ha commentato Cappanera – ora le multinazionali possono realmente preoccuparsi, è finita l’era del petrolio. Operazioni come questa rendono più concreti i concetti legati alla terza rivoluzione industriale ed aprono le porte ad una nuova stagione per l’umanità, dove sarà la generazione distribuita di energia elettrica da fonti rinnovabili a ripristinare l’equilibrio tra uomo e pianeta“.

Un grande successo per un’azienda di grande rilievo, che ha saputo investire nello sviluppo eco-sostenibile, dando origine al fortunato SES – Smart Energy System, un impianto di energia intelligente, capace di integrare l’abitazione con un sistema di gestione dell’energia.

SES display

Il risultato? Non solo una grande soddisfazione per Cappanera e la sua realtà, ma soprattutto “una reale democrazia energetica“, che spalanca le porte a tutti “a dispetto delle grandi manovre di multinazionali dell’energia, di governi poco lungimiranti e di istituti di credito ancora legati ad un sistema basato sulle fonti fossili ed al loro monopolio“.

Nell’abitazione si produce energia pulita a impatto e chilometri zero: qui viene prodotta, gestita distribuita e utilizzata, senza la necessità di reti, intermediari o filiere di distribuzione.

abitazione off grid

Anche Francesco Del Pizzo, AD di Terna Plus – ha continua l’ad di Energy Resources – scommette su un futuro dove i sistemi di accumulo di energia serviranno a stabilizzare la rete elettrica esistente, garantendo la crescita delle rinnovabili. D’altronde Jeremy Rifkin ha basato le sue teorie su cinque pilastri di sviluppo principali dove la micro produzione di energia ed il suo accumulo serviranno ad uscire dall’empasse energetico e dalla crisi economica ed ambientale globale“.

Quello che fino ad oggi è stato definito consumatore – ha concluso Cappanera – deve trasformarsi finalmente in produttore capace di orientare le proprie scelte in modo consapevole: sapere quanta energia si ha possibilità di produrre, e quindi di utilizzare, è fondamentale anche per rilanciare i concetti di risparmio energetico e riduzione delle emissioni inquinanti”.

Alla luce di questo, oggi non è ancora più ridicolo parlare di nucleare?

Verdiana Amorosi

fonte:      http://www.greenme.it/abitare/bioedilizia-e-bioarchitettura/9094-casa-off-grid

SEMINARIO SULLA CANAPA ALL’UNIVERSITÀ DI BARI

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La Canapa: il futuro nelle nostre mani. Il 28 novembre 2012, la Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, ospiterà un seminario sulla coltivazione della canapa e sull’utilizzo della suddetta pianta nei più svariati settori. La canapa è un’antica coltura, di cui l’Italia era il secondo produttore mondiale fino ai primi del ‘900, che fornisce materie prime a basso impatto ambientale utilizzabili nel settore tessile, alimentare, cartario, farmaceutico, della cosmesi naturale, della bioedilizia. L’impiego di questa risorsa si accompagna alla riflessione, ormai necessaria e doverosa, sui concetti di ecosostenibilità e biocompatibilità. Il seminario si svolgerà presso l’Aula Magna, via Amendola 166/A, a partire dalle ore 17.30. Interverranno Claudio Natile, Presidente dell’Associazione Canapuglia, il Dott. Gianpaolo Grassi, primo ricercatore del CRA di Rovigo, il Prof. Giuseppe De Mastro, docente di coltivazioni erbacee del Dipartimento di scienze agro-ambientali e territoriali. Al termine dell’incontro, è prevista una degustazione di alimenti biologici a base di canapa. Saranno, inoltre, riconosciuti crediti formativi agli studenti che parteciperanno all’attività seminariale.

Ilaria Babbo

allegato : “Scarica il comunicato stampa in pdf”

allegato : “Scarica la locandina del seminario”

fonte:        http://www.canapuglia.it/it/news-ed-eventi/la-canapa-il-futuro-nelle-nostre-mani-28-novembre-aula-magna-facolta-di-agraria-uniba-136.html